di Daniela Iacchelli tratto dal Libro “I Fiori di Bach” Accademia Centaurea (Ed. Impronte di Luce)
E. Bach, enunciando le cinque verità fondamentali per comprendere la malattia*, ci indica quale sia la via maestra per godere di felicità e salute: far coincidere il cammino terreno che traccia la nostra Personalità con le direttive che vengono dal nostro Io Superiore. Questo Io, unico, irripetibile e di origine divina, contiene in sé il progetto evolutivo adatto a noi ed è in grado di guidarci al nostro bene supremo nel susseguirsi degli eventi della nostra biografia.
Ne consegue che per ritrovare il nostro benessere e il senso di pace interiore, sarà necessario sviluppare attitudini che vincano l’ordinaria scissione tra io inferiore e Io Superiore e ricreino una salda connessione tra essi.
Chi consiglia i Rimedi Floreali di Bach, si avvale di una grande forza terapeutica che ci viene in dono dalla natura. L’efficacia di tali Rimedi è indiscussa, ma perché il cambiamento metta solide radici è necessario che ognuno si attivi interiormente per maturare l’atteggiamento che farà fiorire la propria Anima e che il terapeuta sia il primo ad essersi conquistato tale capacità.
Da tutti gli scritti di Bach si ricava una vera e propria mappa delle attitudini da sviluppare quando si accompagna qualcuno in questo cammino verso la guarigione.
Sviluppare il bene anzichè combattere il male. Il male (difetto, vizio, malattia) è un errore e non una colpa. Quando siamo in ascolto della sofferenza altrui, come terapeuti, dobbiamo portare interiormente la domanda: Rispetto agli ordini dell’unità, dell’amore e del libero arbitrio, in quale errore è caduta quest’anima ? Come la si può aiutare a riprendere la via del suo bene e di chi le è vicino?.
In questo modo sospendiamo qualunque forma di giudizio o, peggio ancora, di condanna e smettiamo di considerarci al di sopra di chi soffre. Inoltre ci orientiamo a trovare una buona soluzione al problema anzichè combatterlo con arroganza.
E. Bach ha portato una vera e propria rivoluzione nell’ambiente medico che opera generalmente in assetto bellico per debellare malattie o sconfiggere il male. Con la sua visione, un difetto di carattere non è un nemico da combattere e vincere nè una colpa da condannare. In continuità con l’antica tradizione alchemica, ci indica la via della trasformazione dal piombo in oro, dall’oscurità alla luce, dalla guida dell’io inferiore a quella dell’Io Superiore.
Qual è la virtù che si è oscurata e deve tornare alla luce o arrivarvi finalmente per la prima volta? Quale Rimedio possiede tale forza per l’Anima? E quale attitudine è la più adatta a far ritrovare la retta via?
* E.Bach- “Guarisci te stesso” Cap. 2- Ed. Macro
Riflettere e meditare
Ogni paziente è un universo così vasto e profondo che il terapeuta deve avere il tempo e lo spazio per mettersi in una condizione di quiete e rilassamento interiore, se vuole sintonizzarsi con quell’Anima che gli sta davanti e intuirne l’essenziale.
Per questo Bach suggeriva ai futuri terapeuti di vedere non più di cinque pazienti al giorno e meditare ogni giorno. Qualunque sia il metodo che si usa, meditare significa abbandonare il predominio del mentale, attendere con fiducia che si acquietino tutte le nozioni, i giudizi, le emozioni e che, nel silenzio, l’io inferiore si offra alla connessione con il suo Io Superiore.
Anche durante il colloquio col paziente, il terapeuta può conservare un’attitudine meditativa restando nella sua quiete, ben radicato in sè e volendo percepire la qualità animica di chi parla, piuttosto che ragionare analiticamente sui racconti biografici che vengono forniti.
Siamo in questo atteggiamento meditativo anche quando confidiamo senza riserve nelle risorse dell’Anima di chi ci parla e chiediamo con umiltà che sia essa ad ispirarci nel nostro operare.
In questo modo sapremo anche orientare chi ci parla ad entrare in un atteggiamento tale da ascoltare e poi trasmettere l’essenziale di sè che proviene da quella piccola voce interiore che parla in ognuno e conduce alla propria verità profonda.
Liberare sè per poter liberare gli altri
Bach era particolarmente rivolto allo sviluppo della propria libertà interiore e la considerava un’attitudine fondamentale per essere in salute. Egli spronava a liberarsi da tutte quelle interferenze che ostacolano la diretta trasmissione tra Anima e Personalità.
Soprattutto riteneva nocivo per il progresso personale, permettere che le idee di altri influenzino le nostre scelte e che i nostri vizi ci suggeriscano strade errate per la nostra reale evoluzione.
Questo tipo di liberazione interiore avviene per tutti solo grazie ad un percorso di conoscenza di se stessi e di presa di coscienza di ciò che abitualmente è sprofondato nell’inconscio o sollevato nel superconscio.
Per il terapeuta che vuole indicare questa via ad altri, diventa imprescindibile aver compiuto tale percorso e restare in un processo aperto e in divenire continuo.
Insegnare con l’esempio
Chiunque abbia un comportamento malevolo verso sè o verso altri, ha bisogno di occasioni per sperimentare comportamenti orientati al bene e al benessere, poichè spesso si riesce a realizzare il bene solo se se ne ha avuto esperienza.
In questo senso diventa fondamentale che nel setting terapeutico ci sia trasmissione di buoni valori umani attraverso la condotta del terapeuta. In certe fasi di una crisi, si può conseguire un iniziale miglioramento anche solo grazie all’imitazione di certe qualità che ha sviluppato il terapeuta e solo più tardi si giunge ad un’integrazione che permetterà un’autonoma e originale espressione di sè.
Come terapeuti, non potremo accontentarci di conoscere intellettualmente i Rimedi e la loro azione, nè di improvvisare una relazione col paziente. Dovremo essere già noi sul sentiero della trasformazione delle nostre ombre e testimoniare, col nostro modo di essere, che conosciamo le sottili dinamiche che governano la vita dell’Anima, che è possibile far proprie le cinque verità fondamentali enunciate da Bach e che sappiamo connettere l’Anima della natura – i Rimedi – con l’Anima degli esseri umani.
Offrire conoscenze
Negli ultimi secoli, il Mentale ha preso il sopravvento su tutte le altre funzioni cognitive umane. Conosciamo la vita solo attraverso i sensi fisici e il razionalismo.
Questo ha reso orfano l’uomo dei suoi natali celesti, ha cambiato il senso alla vita, togliendone la prospettiva spirituale. Normalmente la coscienza di chi cerca un aiuto psicologico o medico, ignora totalmente ciò che vi è prima della nascita e dopo la morte.
Nei casi migliori, c’è un flebile sentimento religioso ma quasi mai unito ad un interesse conoscitivo. Poco alla volta tutto ciò che un tempo era sentito intuitivamente come sacro, ora è stato in gran parte rimosso dal nostro vivere quotidiano e viviamo in una profonda ignoranza delle leggi e dei valori che regolano l’esistenza dal punto di vista spirituale. E proprio questa ignoranza, a ben vedere, è spesso la causa di tanti smarrimenti e crisi biografiche.
Non stupisce quindi che Bach consideri parte integrante della cura saper indicare al paziente fonti conoscitive che lo aiutino a ritrovare i riferimenti perduti riguardo alla nostra origine divina e a sensibilizzarsi di nuovo ai più autentici valori che ci fanno veramente umani e che restituiscono senso al vivere il proprio destino.
Tutto il bagaglio di conoscenze scientifico-spirituali di cui dispone il terapeuta, diventa un prezioso tesoro da condividere valutando di volta in volta ciò che può aiutare il paziente ad avanzare sul suo cammino di crescita personale.
Naturalmente oggi noi disponiamo di un particolare tesoro di ispirazioni che è l’Opera Omnia di Bach che potremo suggerire ai pazienti perchè trovino a loro volta una mappa che li guidi nel cammino.
Infondere fiducia. Risvegliare la speranza
Se crediamo che le forze spirituali siano in continuo sviluppo in ogni essere umano, se confidiamo nel benevolo progetto custodito in ogni Anima e se guardiamo a chi soffre come ad un essere che ha solo momentaneamente smarrito la via maestra, ci risulterà naturale trasmettere la nostra aspettativa positiva nei riguardi di chi vuole affrontare con impegno la sua crisi.
Ciò che ha sempre orientato Bach è l’incrollabile fiducia nell’essenziale bontà dell’uomo.
Noi non siamo mai il male, ma abbiamo il male in noi, per poter fare la straordinaria esperienza del libero arbitrio.
Chi si impegna veramente nel cambiamento, potrà sempre trovare i sentieri che lo riconducono al bene e alla sua essenzialità.
Poniamo però una particolare attenzione al nostro ruolo quando siamo terapeuti. Sempre, nelle prime fasi di una cura, il paziente si aspetta che siano le forze del terapeuta a determinare il miglioramento in lui, poichè la crisi lo ha indotto a dubitare delle proprie forze o addirittura a negarle.
Se si vuole guarire la persona da questa fatale dipendenza, è importante che le si trasmetta la massima fiducia nelle sue proprie potenzialità, nella convinzione che il Creatore abbia infuso in ognuno il potere di portare a buon fine la propria evoluzione. E’ un bene che il terapeuta fondi il suo agire sulla certezza che sarà l’Anima del paziente a trovare la via del suo Io Superiore, così da risvegliare in chi soffre la speranza nelle proprie forze interiori.
Bach era talmente convinto di questo, che ha incoraggiato in ogni modo le persone ad affrontare il loro problema curandosi principalmente da se stessi.
Coltivare il coraggio
Ciò che induce ad una crisi, è senz’altro un modello di comportamento disfunzionale, basato su di un errore, ma è ciò a cui il paziente è abituato e su cui ha fondato la sua identità. Lasciare le vecchie abitudini e convinzioni, significa andare verso un ignoto che spesso gli fa paura. Anche la rete di relazioni parentali, affettive e sociali che lo circonda farà pressione perchè egli mantenga il suo solito ruolo. Un autentico cambiamento può produrre un terremoto che minaccia le sicurezze del paziente e del suo sistema di riferimento.
E’ il motivo per cui si sviluppano quelle che la Psicanalisi chiama resistenze: il paziente che coscientemente viene a chiedere aiuto, inconsciamente rifiuta il vero cambiamento e tende a conservare il suo vecchio equilibrio.
Chi accompagna una persona ad attraversare il guado della sofferenza, deve avere un cuore sensibile e in ascolto ma anche forte e saldo. Si troverà a fronteggiare le paure di chi soffre e dovrà miscelare in sè la giusta sensibilità per la sofferenza con la fermezza e il coraggio.
Proprio dal cuore che riconosce in ogni evento l’ordire saggio di un destino benevolo, scaturisce quel raggio benefico che chiamiamo coraggio. Il terapeuta dovrà sempre restare connesso alla certezza che il paziente ha in sè le risorse per affrontare anche il destino più duro, che a ognuno sono date solo le prove che può superare e che appartengono al suo cammino.
Questo modo di vedere restituisce al paziente la sua dignità e aiuta il terapeuta ad avere il coraggio di accompagnare verso il nuovo e a fronteggiare gli ostacoli.