Seminare nei primi tre settenni i fondamenti
per creare sane e profonde relazioni umane ed affettive.

Tutta la nostra vita, a ben vedere, si basa sulle nostre relazioni, sulla nostra capacità di crearle, gestirle, coltivarle, conservarle e scioglierle a tempo debito. R.Steiner ci invita a meditare su come tutti noi siamo quello che siamo proprio in virtù degli incontri e delle relazioni col nostro prossimo che abbiamo durante la nostra biografia. Un posto speciale hanno le relazioni affettive, basate non solo sulla comunanza di interessi culturali,lavorativi, sociali,politici, ma anche su uno scambio di sentimenti ed espressioni che corrispondono alle nostre attitudini verso l’Umano.

Eppure nell’educare i bambini si pone più facilmente l’accento sull’apprendimento di abilità manuali e cognitive, sull’acquisizione di conoscenze e norme di convivenza “giusta” ma non necessariamente su come diventare capaci di vera fratellanza, amicizia e intimità affettiva, sviluppando le migliori qualità dell’Essere Umano.

logo Educare agli affetti e all'UmanoLa relazione è umana ed affettiva quando passa per il cuore, quando vuoi il bene dell’altro e l’altro è un bene per te. E’ affettiva quando i cuori si intendono, si appartengono e scambiano l’intimità del disarmo: ci si fida a mostrarsi vulnerabili e bisognosi di aiuto, ci si confida i segreti del cuore senza mascherarsi e si ha la tenerezza di rispettare e curare la fragilità dell’altro.

Nel processo di sviluppo biografico attraverso i settenni, Steiner ci segnala che nel cuore della biografia umana, dai 28 ai 35 anni di età, è prevista la maturazione dell’Anima Razionale e Affettiva e che questa sarà il fondamento per una vera evoluzione in Anima Cosciente e Sè Spirituale e per la qualità delle relazioni sia sociali che affettive. A quell’età, se abbiamo seminato gli ingredienti giusti, i bambini che abbiamo cresciuto saranno adulti capaci di saper trovare il proprio posto nel mondo sociale e allo stesso tempo nel nido privato fatto di relazioni significative e profonde con cui condividere i propri affetti e i progetti personali. Eppure la trasmissione dei valori riguardo a come vivere le relazioni affettive sembra essere di minor importanza rispetto a quella dei valori di razionalità e logica per avere successo nel mondo sociale.

E’ all’interno delle relazioni familiari, con gli adulti che ci curano e ci crescono, che acquisiamo i modelli di comportamento affettivo e sviluppiamo un certo grado di umanità. Quei modelli diventeranno i nostri riferimenti interni (e inconsci) per regolare i nostri affetti nella vita adulta.

Per orientare genitori ed educatori all’educazione affettiva porrò in evidenza alcune tracce nella convinzione che per educare sia necessario contemporaneamente auto-educarsi e risolvere in modo armonico gli squilibri relazionali che ci sono stati trasmessi dalle famiglie in cui siamo cresciuti.

In generale per poter costruire sane e profonde relazioni affettuose è necessario saper costruire “ponti” tra se stessi e “l’altro da sè” e possibilmente scambiarsi il “meglio” dell’Anima umana: il Bene (benevolenza-amorevolezza), l’Armonia e la Pace, la Verità.

Il ponte permette che da un Io e un Tu nasca un NOI che è il bene comune di entrambi, relazione amorevole, legame e appartenenza sicura. Perchè nasca questo NOI è importante saper vincere l’ostacolo principale che è il nostro egoismo, il senso di separatezza, la diffidenza, l’antagonismo e la prevaricazione tipici degli impulsi astrali antisociali del nostro “Ego”. Essi iniziano a manifestarsi nel bambino attorno ai 2 anni e mezzo (sono segnalati dal linguaggio, con l’inizio dell’uso delle parole Io e No).

Dalla fusionale armonia e venerazione del neonato inizia un lento processo di differenzazione e poi individuazione. L “IO” incontra il TU e inizia il confronto,il patteggiamento,la mediazione per generare quel NOI che ci accarezza il cuore.

Indispensabile allora favorire nei piccoli la capacità di passare dal naturale egoismo della primissima infanzia all’altruismo del secondo settennio fino all’amorevole intimità del terzo settennio. Sapendo che sarà poi solo dal 21esimo anno di età che il vero e proprio IO individuale del ragazzo potrà operare la metamorfosi da ego minorenne a un Io adulto capace di governare le forze astrali egoistiche con un governo morale ed etico.

Il NOI è un flusso di movimenti reciproci. Per avere sane relazioni affettive bisogna saper respirare tra i 2 movimenti basilari della vita: raccoglimento in sè (introversione, ascolto di sè, autocoscienza,elaborazione delle esperienze) ed espansione verso l’altro (estroversione, ascolto dell’altro, comunicazione, confronto sulle esperienze). Come possiamo pretendere di comunicare correttamente col prossimo se non sappiamo comunicare con noi stessi? L’educazione dovrebbe sempre facilitare nel bambino-ragazzo l’esplorazione di entrambe le modalità.

Nell’esperienza del crescere si è impegnati nell’ardua impresa di passare da una relazione in cui si ha la posizione di “disparità” di condizioni tra genitori (autonomi) e figli (dipendenti) ad una posizione di “parità” tra coetanei (autonomi e interdipendenti), per poter creare amicizie e relazioni di coppia fino a dar vita ad un nuovo nucleo familiare o comunque costruire una rete di relazioni capaci di nutrire il cuore e i bisogni di tenerezza e vicinanza. Il genitore ha quindi il compito di insegnare al figlio a saper stare “al proprio posto” nelle relazioni: questo posto inizia con l’essere di estrema fragilità e dipendenza nella prima infanzia e prosegue con l’acquisizione di una sempre maggior autonomia, fino alla libertà adulta di uscire dal nido familiare per andare nel mondo e creare nuovi affetti paritari. La grande impresa del crescere è di imparare a stare insieme in una posizione dipendente e subordinata, ma poi acquisire la capacità di relazionarsi in parità, autonomia e reciprocità coi coetanei.

Nella relazione di disparità i genitori hanno funzione duplice: normativa (dare regole) e affettiva (dare amore). Il figlio cresce dentro ad una relazione in cui le norme vengono date da un’autorità indiscussa ed egli è bene che si adegui e non pretenda di fare altrettanto. Ma poi dovrà crescere e saper costruire relazioni in cui le norme diventano proposte da discutere e per cui trovare accordo di entrambi e l’amore viene dato e ricevuto paritariamente e non da una fonte onnipotente a cui chiedere continuamente soluzioni. Per favorire questo difficile passaggio i genitori possono, nei primi 2 settenni, trasmettere i valori del “Noi” paritario solo attraverso l’esempio della loro relazione di coppia e delle loro amicizie. Ingredienti importanti sono il tempo dedicato alla privacy della coppia, l’alleanza, il patteggiamento, la tolleranza per gestire le delusioni,il guardare insieme al bene dei figli, il far pace o il sciogliere il vincolo senza disprezzare e recidere il legame costituito dai figli in comune. Dal terzo settennio promuovendo nel ragazzo un graduale sviluppo del senso di responsabilità verso gli altri, collaborazione in famiglia, scambio, confronto, propositività. Dopo i 18-21 anni il ragazzo resta “figlio”, ma diviene un “figlio adulto” che condivide col genitore la condizione di adultità. Lo scambio non sarà mai alla pari, resterà sempre il fatto che i genitori hanno dato la vita e i figli non possono ricambiare, tuttavia ci sarà scambio e addirittura capovolgimento di ruoli durante la vecchiaia o la malattia dei genitori. Ma i figli non potranno dare norme ai genitori e pretendere “obbedienza”.

Dai 0 ai 7 anni

L’esperienza da offrire è quella del “Bene” in tante declinazioni. Tutto passa principalmente attraverso il corpo, quindi trasmettiamo affetto attraverso il tatto e il contatto dello sguardo, della voce, del nostro odore. “Sono qui per te” è ciò che passa nella tenerezza dell’accogliere, contenere nell’abbraccio, nutrire, sostenere, proteggere, consolare. Il senso di sè ( Io esisto e faccio la differenza) il bambino lo trae da quanto e da come “esiste” per l’altro che lo ama. La fiducia nell’altro e l’aspettativa positiva, le forze di venerazione sono generate dal sentire che i grandi “mi vogliono bene e fanno il mio bene”in modo tangibile e per nulla astratto o intellettuale. Nell’insorgere dell’oppositività dei 2 anni e mezzo, si impara a differenziare il SI dal NO, l’IO dal TU, quindi come ricevere o dare dei No. E’ un bene quando si percepisce che quei No sono “a favore” del mio bene e non “contro” di me. Il genitore si ricordi che nel rapporto con gli altri, il bambino sta ancora sviluppando quello che Steiner definisce “sano egoismo” e non può ancora sviluppare un vero altruismo, ma almeno possiamo ispirare un giusto rispetto e la capacità di immedesimarsi ( “se capitasse a me di essere trattato come sto trattando l’altro?”). I confini sono necessari ed è importante se vengono sperimentati con saldezza dell’adulto che mette a disposizione le forze del suo Io per dare norme e stabilire cosa SI e cosa NO, con amorevole gentilezza e soprattutto senza sensi di colpa e giustificazioni intellettuali inappropriate a questa età. Il gioco, la fantasia e le immagini simpatiche sono il tramite con cui educare affettuosamente anche a ciò che non piace ma è “bene” fare. L’acquisizione di nuove abilità è sostenuta con lo spirito “ti aiuto a fare da te e non da solo. Io sono qui al tuo fianco per sostenerti mentre impari a farlo da te“.

Dai 7 ai 14 anni

Il fondamento dell’educazione dovrebbe essere il “Bello”, ossia l’Armonia e l’equilibrio tra gli opposti e la capacità di “far Pace”. Le relazioni del bambino devono trovare equilibrio tra chi è nel “nido” e chi è nel “mondo” soprattutto coetanei compagni di scuola o di squadra o gruppo. Lo svincolarsi del corpo eterico dalla costruzione del corpo fisico, sviluppa la capacità di astrazione e quindi anche di “immedesimazione” nell’altro che fino ad ora era un mondo estraneo e sconosciuto. E’ l’epoca giusta per favorire un sano altruismo in cui l’altro è visto, ascoltato, compreso, considerato un valore e un bene prezioso. Importante trasmettere ai bambini il loro proprio valore e il senso della propria dignità nell’impatto con l’egoismo degli altri bambini (soprattutto ora che il fenomeno del bullismo sta così ingrossandosi), ma anche aiutarli a superare il proprio egoismo con pratiche altruistiche di solidarietà, scambio, dono, alleanza. Formativo diventa la pratica dell’apprezzamento e della sana autocritica al momento giusto. E’ questa l’epoca in cui educare al ritmo “introversione-estroversione” assicurandosi che il bambino dosi in modo armonico lo stare con se stesso e lo stare in compagnia dei coetanei. Per i temperamenti più chiusi e pacati significherà facilitare l’estroversione in modo delicato e rispettoso, mentre per i temperamenti più estroversi facilitare il raccoglimento e il tempo della quiete domestica. Attorno al nono anno è bene favorire il senso di appartenenza alla famiglia con relazioni affettuose e rinforzanti per permettere al piccolo di “atterrare e radicarsi” definitivamente sul pianeta Terra, imparando a contare sugli umani oltre che sul Mondo Spirituale che fino a quel momento sentiva spontaneamente vicino. Nelle discordie e nelle differenze, si può alimentare l’attitudine a “fare pace” chiedendosi “come si porta pace ed armonia qui, nel rispetto di tutti?”, evitando fazioni e schieramenti antagonisti. A tal proposito è fondamentale che anche nei dissidi in famiglia, tra genitori o altri adulti, il bambino possa restare al di fuori di richieste più grandi di lui, ad esempio di schierarsi a favore di un genitore contro l’altro. In generale aiutiamo i bambini proteggendoli da noi stessi, dai nostri moti emozionali adulti, dai nostri bisogni che risulteranno sempre invadenti e troppo grandi per loro.

Negli sport e nei giochi di squadra diventa importante per le relazioni affettive che si giochi con sano spirito agonistico per aiutarsi a superare i propri limiti , ma si rinunci all’antagonismo aggressivo e alla sopraffazione dell'”avversario” o del rivale.

Dai 14 ai 21 anni

Il valore più importante è la “Verità” e la Coerenza. Il ragazzo apprezzerà soprattutto le relazioni veraci e le persone coerenti. Nutriamolo con sincerità e confidenzialità senza però voler diventare gli “amici”: si resta in posizione di disparità , ma si insegna al ragazzo a condividere sempre più responsabilità affettive nella vita in comune, nel “noi” che è la famiglia e a scambiare livelli sempre più profondi di confidenzialità.

E’ questo il tempo della maturazione sessuale e della relativa identità di genere. L’incontro con l’altro sesso è al centro dei drammi e dei diletti di questa età. . Il corpo torna ad essere al centro delle esperienze, ma questa volta è abitato da un’anima in fioritura, quindi un corpo che è valore “sacro”, soggetto e non oggetto, tempio e luogo di incontro. Indispensabile allora un’educazione sentimentale e sessuale adeguata, in cui il padre trasmette cosa pensano,sentono e vogliono gli uomini e la madre fa lo stesso riguardo alle donne. E’ importante trasmettere come “coniugare” piacere del corpo con gioia dell’anima, potenza del desiderio fisico con tenerezza del cuore e rispetto della volontà e dignità altrui.

Ai maschi sarà di aiuto conoscere il valore e la dignità della tenerezza e della vulnerabilità senza vergogna. Alle femmine il valore della custodia di sè, del saper dire no e del dono sentito di sè quando è il momento “giusto”.

Da questa età in avanti diventerà sempre più appropriato intrattenere conversazioni “d’anima” a partire dal “Sono qui con te” per favorire una narrazione di sè che sappia dare il nome a quell’intrico di emozioni e reazioni viscerali tipiche dell’età, che sia sostegno nel respiro tra introversione ed espansione. E chiedere :”Come ti senti? Come ti fa sentire quello che accade? Ne possiamo parlare?Ti posso aiutare a fare ordine e a sdrammatizzare grazie alla mia esperienza”.Il tutto dalla posizione di rispetto della privacy del ragazzo e sempre nella posizione di disparità come genitori.

E’ molto facile, direi garantito, deludere un adolescente nelle sue aspettative idealizzate e ancora molto centrate sul proprio egoismo. Il genitore soffre e nel peggiore dei casi teme questa eventualità. Sentirsi screditato, messo in discussione, accusato indebolisce l’autostima e la sicurezza di stare facendo o aver fatto bene la propria parte di educatore. Sicuramente è l’occasione più preziosa per guardarsi dentro e far crescere l’autocoscienza, per dire qualche importante “mi dispiace, adesso farei meglio”, ma allo stesso tempo è di vitale importanza sopportare di deludere e non cedere ai ricatti affettivi. Anzi, è importante considerare che sarà proprio quella delusione a fare da leva nel ragazzo perchè sviluppi la necessaria spinta volitiva ad uscire dal nido e a costruire il futuro “a modo suo”. Un figlio sempre soddisfatto farà fatica ad uscire dall’abbraccio familiare e cercare altri abbracci. L’importante che il clima di opposizione resti nei limiti del rispetto e dell’affetto reciproco. Sarà anche prezioso trasmettere come elaborare la frustrazione e la delusione: proposte e non solo proteste, apprezzamento e gratitudine per quello che c’è, aprirsi al mondo per cercare nuove soddisfazioni.

 

LE FRASI DELL’AMORE TRA GENITORI E FIGLI

“Benvenuto” “Sono qui per te” “Ti voglio bene”

“Grazie! Mi fai felice” “Ringraziamoci e chiediamoci per favore”

“Bravo, ce la fai!” “Stai riuscendo a farlo da te,bravo”

“Ti apprezzo” “Festeggiamo i tuoi successi”

“Come stai? Ho voglia di sapere di te…” “Ti dedico il mio tempo per stare insieme, io e te”

“Capisco che non ti piaccia (o ti faccia paura), ma sono convinto che sia per il tuo bene e per quello di tutti “

“Troviamo un punto d’incontro” “Mettiamoci d’accordo” ” Facciamo la pace”

“Mi dispiace, col tuo aiuto la prossima volta farò meglio”

“Chiedi scusa con rispetto”

“E’ una gioia vedere che stai crescendo e diventi una donna/un uomo”

“Aiutami a comprenderti, dimmi cosa ti fa soffrire/gioire e cercherò di esserti vicino”

” Ascoltati dentro e senti cosa è davvero importante per te”

“Diciamoci quello che ci fa soffrire, per aiutarci a vivere bene insieme”

“Anche se non siamo d’accordo, il mio affetto resta”

” Se io ti deludo, ricordati che hai il mondo e la vita intera davanti a te”.

“Benedico il tuo futuro fuori dal nostro nido”