Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina.
Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa momento per momento la strada. Bisogna imparare a star da sé e imparare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani.
Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando sono forti scoppiano e vanno a confondersi col cielo.
Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con gioia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo.
Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l’attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, con pane e olio.
Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi.
Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo della storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori dalla scena principale e più vicini a tutti i segreti.
Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo.
Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire.
C’è più vita in dieci chilometri lenti a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire.
Si ospitano di più gli altri quando si guarda un cane, un’uscita di scuola un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva giocare a carte, che in un volare, faxare, internettare.
Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito.
Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a correre.
(da: Il pensiero meridiano di Franco Cassano, Bari; Laterza, 1996 )
28 febbraio 2011 5° giornata mondiale del vivere con lentezza
Go Slow Be Happy